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martedì 12 novembre 2013

LA MEDIAZIONE FAMILIARE


di
Tiziano Borghi


Il processo mediativo è un approccio alternativo alla risoluzione delle dispute familiari e si differenzia dai processi di arbitraggio, negoziazione e terapia. La mediazione familiare può essere definita come un


… processo attraverso il quale i genitori separati o in via di separazione si rivolgono liberamente ad un terzo neutrale, il mediatore, per ridurre gli effetti distruttivi di un grave conflitto che interrompe o disturba la comunicazione fra loro …[1]


non è quindi una terapia di coppia e non si analizzano comportamenti del passato ma al contrario si cerca di raggiungere accordi su decisioni future. La mediazione è un processo di self - empowerment in cui le parti gestiscono il processo mediativo, con l’aiuto del mediatore che ricopre il ruolo di facilitatore della comunicazione e deve aiutare i confliggenti ad attuarne una chiara e funzionale. La mediazione è un processo che esalta la responsabilità personale dei mediati: il risultato della negoziazione è quindi fondato sulla capacità dei soggetti a trovare una soluzione che risulti accettabile per entrambe le parti. Il mediatore ha il compito di assisterle sollecitandole alla collaborazione per la risoluzione dei problemi, grazie al suo aiuto possono riuscire a individuare i bisogni e gli interessi reali, differenziandoli dalle loro posizioni. Il mediatore è un agente di cambiamento, deve indurre i soggetti ad appropriarsi delle tecniche di comunicazione adeguate per riuscire a essere compresi e comprendere l’altro, perché i mediati sono gli unici attori del processo mediativo e soltanto loro possono decidere quale risultato otterranno dagli incontri. Il mediatore ha il compito di riattivare una comunicazione che si è interrotta, trovare un terreno comune, sul quale si possa costruire e lo fa attraverso l’uso consapevole di strategie e tecniche appropriate, caso per caso. Ogni mediazione è diversa perché di volta in volta, cambia il “materiale umano”, persone tra loro diverse per istruzione, cultura ed esperienze pregresse. Il compito del mediatore, prima di iniziare il processo mediativo (in fase di premediazione) è di appropriarsi del linguaggio dei soggetti e calibrare il suo intervento sulle persone che ha di fronte. Il mediatore diventa uno specchio che riflette le emozioni dei protagonisti e li aiuta a “oggettivizzare” il conflitto, cercando di far emergere (e capire) l’interesse nascosto dietro la posizione di ognuna delle parti; aiutandole a comprendere reciprocamente questi interessi. Il mediatore, quale terzo neutrale, dovrebbe riuscire a non giudicare i mediati ma anzi facilitarli nel raggiungimento di un accordo, rimanendo estraneo, non implicato e soprattutto non condizionato da convinzioni etiche, politiche, religiose e ideologiche. Il mediatore deve porsi di fronte ai confliggenti con lo spirito del ricercatore che osserva, annota, dispone degli strumenti per comprendere la situazione e fornisce le parti dei mezzi necessari a ristabilire la comunicazione interrotta.


A volte può capitare che interrompa una mediazione se crede di non riuscire a mantenere la giusta equidistanza – equivicinanza dai mediati o quando si sente coinvolto perché toccato da un argomento che provoca sentimenti difficilmente controllabili.


Il ruolo del mediatore non è quello di suggerire la soluzione preconfezionata ai soggetti ma al contrario di metterli al corrente che esiste sempre una terza via possibile che permetta a entrambi di vincere (win - win).


…il mediatore familiare, che è un terzo neutrale e qualificato, deve consentire alla coppia di trovare per proprio conto le basi di un accordo durevole e accettabile…[2]


La figura del mediatore riveste un ruolo importante all’interno di un percorso mediativo ma non si sostituisce mai alla coppia che dovrà trovare da sola un accordo capace di soddisfare entrambe le parti. Il mediatore deve essere libero da condizionamenti, presupposto essenziale per poter percepire la situazione liberamente, non influenzato da pregiudizi personali, e garantire ai mediati la giusta imparzialità. Parlare di imparzialità del mediatore non significa affermare che i suoi giudizi, i suoi valori e le sue emozioni siano del tutto assenti o azzerate; queste continuano ad esistere in uno “luogo” accessibile soltanto nel momento del bisogno, all’interno dello spazio mediativo ma in modo che non infastidiscano i soggetti.


«… l’apporto personale, la proiezione della competenza, imparzialità, coerenza, esecuzione ed empatia …»[3] sono i fattori determinanti affinché si possa creare, tra le parti e il mediatore, un clima di generale fiducia e conseguentemente un’atmosfera tranquilla e produttiva.


[1] Cfr., F. Scaparro, Etica della mediazione familiare, in R. Ardone, S. Mazzoni, La Mediazione familiare. Per una regolazione della conflittualità nella separazione e nel divorzio, Milano, Giuffrè Editore, 1994, pp. 53-61.
[2] Cfr., M. Laroque, La promozione della mediazione familiare e le diverse esperienze europee, in R. Ardone, S. Mazzoni, La mediazione familiare, op. cit., p. 70.
[3] Cfr., Bernard Mayer, La mediazione facilitativa, in Manuale di mediazione familiare, a cura di Jai Folberg, Ann L. Milne, Peter Salem, Roma, Firera & Liuzzo Group, 2008, p. 58.

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