In Italia, benché il
movimento di rinascita del commercio e dell’incremento demografico fosse più
lento che altrove, si poté assistere alla nascita di nuove potenze marinare e
alla riconferma di quelle già esistenti. Ci riferiamo a Pisa e Genova, che
contendevano agli Arabi di Sardegna e d’Africa la loro libertà di navigazione,
ad Amalfi e a Venezia che intratteneva, ormai da lungo, tempo floridi rapporti
commerciali con l’oriente, navigando fino a Costantinopoli e commerciando con
la Siria e Alessandria. Quindi, nonostante le ancora diffuse carestie sempre
presenti in Europa in questo periodo e le ininterrotte guerre feudali, si
assisteva ora ad un crescente miglioramento delle condizioni private di vita e
ad un miglioramento delle vie di comunicazione.
L’XI° secolo non è
legato soltanto alla rinascita in campo economico e demografico, ma viene
caratterizzato dalle grandi spedizioni in Oriente incoraggiate dalla Chiesa e
dalle prestigiose corone europee. Il passaggio dal X° all’XI° secolo e la paura
legata all’inizio del nuovo millennio aumentò lo stato di agitazione tra la
popolazione. Numerose sono le previsioni di eventi catastrofici ed altrettanto
numerosi i predicatori che annunziano per l’anno mille la fine del mondo;
seguita dal Giudizio Universale. Notizie e paure di questo tipo sono molte e
creano una situazione di incertezza totale nel futuro, spingendo i fedeli alla
penitenza. È in questo quadro, storico-sociale, che nascono i pellegrinaggi di
penitenza. La Chiesa comprese immediatamente l’importanza della nuova situazione.
Approfittando di questo periodo favorevole, guidata dall’ordine monastico più
importante ed influente del tempo, quello di Cluny, riusciva a incanalare la
voglia di penitenza dei fedeli verso due pratiche particolari: la costruzione
di chiese e il pellegrinaggio. Tralasciando l’importanza che la costruzione di
nuove chiese avrà per i luoghi in cui esse sorgeranno (venivano costruite da
maestranze specializzate, ma con i blocchi portati uno ad uno dai penitenti),
porremo l’attenzione sul fenomeno del pellegrinaggio. L’impulso dato ai
pellegrinaggi favorisce indirettamente una maggiore circolazione delle merci, e
una maggiore mobilità della popolazione, inoltre, dà modo alla Chiesa di aprire
ospizi per il ricovero dei pellegrini, di incentivare, con aiuti economici, la
costruzione di nuove vie di collegamento, la loro manutenzione e il restauro di
vecchie vie di comunicazione non più usate. L’anno Mille fu il tempo dei
pellegrinaggi e dei grandi santuari. Numerosissimi erano i fedeli che
viaggiavano verso le grandi Città Santuario e, durante il tragitto, era facile
imbattersi in piccole città, conosciute come tappe minori, ciascuna
caratterizzata dal suo santo dalla sua reliquia miracolosa e dalla sua chiesa
dove poter chiedere delle indulgenze. Il pellegrinaggio divenne presto lo
strumento più efficace per ottenere la salvezza ultraterrena e, con il tempo,
si cominciò a confondere l’idea di pellegrinaggio paenitentialis con l’idea di pellegrinaggio armato. In questo modo
oltre a salvare se stessi per una vita ultraterrena futura, si cercava di
liberare le terre che gli infedeli avevano strappato al mondo cristiano.[1]
I soldati che partecipavano a queste guerre di riconquista avevano la
possibilità di ottenere indulgenze del tutto analoghe a quelle concesse ai pellegrini
che si recavano nelle Città Sante.
Dopo l’anno Mille,
l’entusiasmo per il pellegrinaggio in ‘Terra Santa’ aumentò notevolmente. Nel
1054 la Chiesa Occidentale subì, in seguito allo scisma con la Chiesa
Orientale, un duro colpo. Il Patriarcato di Costantinopoli, in seguito allo
scisma, si distacca definitivamente dalla Chiesa di Roma, portando a compimento
il lento, ma progressivo allontanamento dall’influenza Occidentale. In breve
tempo anche i Patriarcati di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme seguiranno
l’esempio dato da Costantinopoli. In seguito allo scisma del 1054, aumentarono
anche gli attriti tra i due imperi romani, d’Occidente e d’Oriente, animati
dallo stesso desiderio espansionistico. L’equilibrio raggiunto nell’XI° secolo,
nel mediterraneo orientale, rischiava ora di essere violato. Infatti, dopo
essersi imposti militarmente e politicamente al califfato di Baghdad, che
deteneva ormai un ruolo esclusivamente religioso, i Turchi Selgiukidi[2]
nell’agosto del 1071, comandati dal califfo di Baghdad AlpArslan, sconfiggono
le armate Bizantine e fanno prigioniero l’imperatore Romano IV Diogene
(1070-1071) a Mazinkert. Fondano successivamente il sultanato di Rum.
Conquistato l’impero Arabo assumono velocemente il dominio di tutta l’Asia Minore e la Palestina, compresi i Luoghi
Santi meta di pellegrinaggi. Ai Bizantini rimanevano soltanto le città
costiere. A partire da questa data il
nuovo impero interrompe i pellegrinaggi
dei cristiani in Terra Santa. In seguito alla vittoria Turca gli equilibri
politici fra cristianità e islamismo si alterarono. Nonostante le numerose
vittorie riportate, i Turchi non riescono a mantenere l’unità e si frazionano
in numerosi Sultanati indipendenti. A risentire della situazione furono anche
gli interessi commerciali delle città marinare italiane, in quanto l’Anatolia,
la Siria, la Palestina e l’Egitto, conquistate dai turchi, rappresentavano il
più importante nodo commerciale delle vie carovaniere che portavano le merci in
oriente. L’unica soluzione possibile, per liberare e favorire la penetrazione
commerciale in oriente, sarebbe stata un’intervento armato teso a riconquistare
le terre occupate dai turchi e a ristabilire l’equilibrio precedente la loro
venuta. Per motivi diversi anche la Chiesa auspicava un intervento militare in
oriente; nel novembre del 1095 Papa Urbano II, durante il Concilio di Clermont,[3]
invita tutta la cristianità occidentale a organizzarsi militarmente per la
liberazione della Terra Santa dai musulmani, indicandone la partenza per il
giorno della festa dell’Assunzione, dell’anno successivo.[4]
In seguito alla conquista turca, il divieto dato ai pellegrini di raggiungere i
Luoghi Santi aveva dato finalmente un motivo valido, capace di sollevare gli
animi e rendere accettabile una guerra che, altrimenti, non sarebbe stata
possibile. Una guerra santa avrebbe accresciuto notevolmente l’autorità
ideologica e politica del papato di Roma; inoltre, questa era indubbiamente una
buona occasione per ottenere con la forza delle armi quello che, dopo lo scisma,
la Chiesa Occidentale non riusciva ad ottenere dalla Chiesa
cristiano-ortodossa: il riconoscimento del proprio primato su tutta la
cristianità. Istituire una Crociata in Terra Santa avrebbe inoltre potuto
risolvere uno dei grandi problemi dell’Europa dell’XI° secolo: distogliere i
nobili europei dalle numerose lotte intestine che avevano fiaccato l’intero
sistema feudale. Si promisero, a tutti quelli che avessero partecipato alla
Crociata, terre e ricchezze, e un condono delle punizioni temporali per tutti i
loro peccati. A Clermont, quindi, venne decisa una spedizione e numerosi
signori e gente del popolo decisero di partire per la Terra Santa, con
l’intento di liberare il Santo Sepolcro (1095). Alcuni di loro partirono
immediatamente, guidati da Pietro d’Amiens (chiamato Pietro l’Eremita) e da
Gualtieri Senzaveri, un cavaliere. Sfortunatamente, la spedizione si concluse
nel peggiore dei modi. Questo primo gruppo partì male armato e privo di una
qualsiasi organizzazione di base, questo decise la sorte dell’impresa; vennero
infatti decimati dagli Ungari e dai Bulgari ancora prima di arrivare in
Palestina e fu proprio in lì che vennero sterminati dai Turchi. Nel periodo che
seguì l’istituzione della prima Crociata regnò in Europa una pace insperata,
durante la quale tutte le lotte intestine tra i feudatari e le lotte tra
famiglie, che si protraevano da troppo tempo indebolendo la stessa istituzione
feudale, cessarono di colpo. Nel 1096 partì la prima vera crociata[5]
per la Terra Santa, alla quale partecipavano i nomi più prestigiosi
dell’aristocrazia europea. Partì il fratello del re di Francia Ugo di
Vermandois, Goffredo di Buglione duca della Bassa Lorena, Boemondo d’Altavilla,
principe di Taranto, figlio di Roberto il Guiscardo, e suo nipote Tancredi d’Altavilla,
Raimondo di Saint-Gilles conte di Tolosa e molti altri. Partecipavano, dunque,
tutti uomini valorosi e di indiscusse qualità, ma la loro rivalità non gli
consentì di costituire un comando unico, capace di imporre a tutti i
partecipanti alla crociata, un unico obbiettivo: la liberazione del Santo
Sepolcro e dei Luoghi Santi. L’Imperatore Bizantino Alessio I Comneno vide con
preoccupazione l’ammassarsi, nelle sue terre, di tanti ‘Franchi’; tanto più che
doveva essergli giunta la notizia di un complotto, organizzato da Boemondo di
Taranto, per “liberare Costantinopoli dai suoi corrotti imperatori e dai suoi
eretici preti greco-ortodossi”.[6]
L’Imperatore cercò di allontanare il pericolo rappresentato dai Crociati che si
avvicinavano a Costantinopoli; gli fornì viveri e mezzi di trasporto, e alcuni
doni. In cambio dei doni pretese che i crociati gli giurassero fedeltà; con
l’accordo che, di qualsiasi terra si fossero impossessati, lo avrebbero fatto
in nome dell’Imperatore. Poi li trasferì velocemente “al di là del Braccio di
San Giorgio, sulla sponda asiatica”[7],
per evitare che circondassero la capitale del suo regno. Nel giugno 1097 i
crociati ripresero il cammino verso la Città Santa; durante il tragitto si
imbatterono nella fortezza turca di Nicea.
Caduta Nicea, i crociati si incamminarono verso l’interno del paese; dopo aver
conquistato Dorilea (luglio 1097), sconfiggevano i turchi ad Eraclea. Da questo
momento in poi prevalsero nei crociati quegli stessi interessi particolari che
avevano spinto la maggiorparte di essi a partecipare alla spedizione in Terra
Santa. Le diserzioni furono numerose. Baldovino e Tancredi lasciarono
l’esercito cristiano per dirigersi l’uno in direzione di Edessa, in Armenia
l’altro. Baldovino diventa facilmente signore di Edessa, dopo essere stato
designato a quel ruolo dal principe Armeno (senza eredi) che la governava,
Edessa diventa una sua contea. Intanto Tancredi occupava, in Cicilia, la città
di Alessandretta. Nel frattempo, l’esercito crociato giungeva sotto le mura di
Antiochia, una fortezza ancora più possente di quella espugnata a Nicea. Questa
nuova conquista non fu semplice, e fu solo grazie a Boemondo di Taranto se si
riuscì ad espugnarla; per merito della sua astuzia e alla corruzione del
custode di tre delle 450 torri, di cui era costituita la fortificazione.
Boemondo si impossessò della città e ne fece un principato. Nel giugno 1099, a
due anni di distanza dalla partenza da Costantinopoli i crociati, capeggiati da
Goffredo, arrivarono a Gerusalemme. La città resistette all’assedio per
quaranta giorni, dopodiché capitolò.[8]
Dopo la caduta la popolazione venne selvaggiamente massacrata, senza alcuna
distinzione tra saraceni ed ebrei.[9]
Dopo la liberazione della Città Santa Goffredo di Buglione, che aveva comandato
le armate cristiane, diventò il padrone di Gerusalemme, insignendosi del titolo
di “Advocatus del Santo Sepolcro”.[10]
Quando il 18 luglio del 1100 Goffredo morì, venne chiamato a succedergli suo
fratello Baldovino, il quale lasciò la contea di Edessa e, dopo aver ristabilito
l’ordine a Gerusalemme, preferì la qualifica di Re. Baldovino regnò
ininterrottamente dal 1100 al 1118.
Dopo la prima crociata
ci si pose il problema della difesa della Terra Santa, e questa esigenza si
risolse creando degli ordini monastico-militari, tra i più famosi si annoverano
l’Ordine dei Templari, degli Ospitalieri di San Giovanni, dei Cavalieri di Rodi
(che più tardi prenderanno il nome di Cavalieri di Malta; per sfuggire alle
persecuzioni che sterminarono l’intera istituzione monastico-militare) e dei
Teutonici.
[1]
Ne è un esempio la contesa in Spagna tra Cristiani e Mori, che la Chiesa aveva
intenzione di cacciare dal territorio spagnolo.
[2]
Popolazione proveniente dall’Asia, convertita nel X° secolo alla religione
musulmana; era guidata da capi appartenenti alla famiglia di Selgiuk. E’ per
questo che parliamo di Turchi Selgiukidi.
[3]
Il Concilio si tenne a Clermont-Ferrand in Avernia.
[4]
L’appello che si pensa sia stato lanciato da Papa Urbano II al Concilio di
Clermont-Ferrand ribadiva sostanzialmente l’importanza del pellegrinaggio;
purtroppo, è difficile dire con esattezza cosa venne detto al Concilio, dal
Papa, in quanto esistono quattro differenti versioni, tramandate da quattro
diversi cronisti.
[5]
La parola crociata deriva dall’atto di “prendere la croce”. Prendere la croce
era una promessa fatta a Dio di recarsi in pellegrinaggio in Terra Santa. Al
tempo delle crociate la promessa di pellegrinaggio, poteva essere cambiata con
la decisione di partire con una delle crociate successive alla dichiarazione
del voto; o commutata con un versamento di denaro alla chiesa (equivalente
all’acquisto di un’indulgenza).
[6]
Indro Montanelli, Dante e il suo secolo, Rizzoli, Milano, 1970, (1964^),
cap. I, p. 45.
[7]
Franco Cardini, Il movimento crociato,
Sansoni Scuola aperta, Firenze, 19723, p. 19.
[8]
Gerusalemme viene espugnata alle ore 15 del Venerdì 15 giugno 1099, alla stessa
ora e giorno in cui Gesù Cristo era morto. I crociati entrarono in una breccia
aperta da Goffredo di Buglione, nella muraglia orientale che cingeva la Città
Santa. Nello stesso momento Raimondo di Saint-Gilles conquistava la torre di
David, nella parte occidentale della fortificazione; infine Tancredi di Taranto
riusciva a forzare la porta di Santo Stefano.
[9]
Come riferisce un testimone oculare, Raimondo di Agiles: “ ...si videro cose
meravigliose. I musulmani furono decapitati, o trafitti di frecce, o gettati
giù dalle torri. Altri furono torturati per giorni e giorni, e poi bruciati. Le
strade erano lastricate di teste, di mani e di piedi mozzi”. Indro Montanelli, Dante e il suo secolo, op. cit., p. 45.
[10]
“...Advocatus designava tecnicamente il laico posto a cura e difesa degli
interessi temporali dei vari enti ecclesiastici...” Franco Cardini, Il movimento crociato, op. cit., p.24.
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