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martedì 12 novembre 2013

LA RELIGIONE VUDU - CARATTERISTICHE GENERALI - diI Tiziano Borghi


 

 

Quando si parla di Vudu, si è di solito tentati di confonderlo con una specie di rito magico tendente, nel migliore dei casi, a risvegliare i morti , “zombi”, per fini tuttaltro che positivi. Credere a tutto questo fa chiaramente parte di un retaggio culturale mediato dall’ignoranza di quello che rappresenta veramente il Vudu: “una religione di popolo”.

Religione che si è sviluppata in tutto il suo massimo splendore ad Haiti, ma che nasce da antichissime tradizioni Africane. Il Vudu è una religione sincretica che si è evoluta e si è sviluppata in tutto il mondo grazie al fenomeno della schiavitù, che ha contribuito a modificarla e ad arricchirla di molti elementi nuovi. Parlavamo di sincretismo; questa religione piena di dei, chiamati loa o “misteri” nel sud, “santi” nel nord, una volta entrata in contatto con la religione cattolica ha assimilato i suoi santi, creando delle liturgie molto particolari. Ad Haiti, dove i bianchi sono scomparsi, il Vudu ha avuto modo di evolversi per costituire una vera religione “nazionale”.

Dall’Africa permane l’idea che questi loas formino delle famiglie (fanni); raggruppamenti di divinità dello stesso nome, distinte solo da un qualificativo: per esempio, la famiglia degli Ogou, comprende il padre, Ogou Badagri, che è generale, Ogou Ferraille, protettore dei soldati, Ogou Ashadé, che conosce le piante medicinali, Olisha, stregone, Ogou Balindjo, guaritore e generale, ecc...

L’ultima modificazione da rilevare, rispetto al culto originale Africano, è la creazione di una organizzazione di questi loa in una nuova setta, nata nell’isola nel 1768, sotto l’influenza di un negro d’origine spagnola, Don Pedro.

Abbiamo così ad Haiti due grandi tipi di culti, il culto del Vudu Rada collegato all’Africa, e il Vudu Petro, completamente creolo. Le confraternite di iniziati sono dirette da sacerdoti, Hougan o Papa-loa e da sacerdotesse, Mambo o Maman-loa; i membri, anche se di sesso maschile, si chiamano Hounsi, cioè spose degli dei.

Esiste tutto un complesso di funzioni liturgiche, quali la “Reine-Chauterelle” che intona i canti liturgici o li interrompe, il “La Place” che è il maestro di cerimonie, “la Confiance” amministratore del tempio, i “Porte-Drapeaux” che giuocano con le orifiamme della setta, i “Musici” (tre suonatori di tamburi).

Il santuario (Houmfo’) comporta necessariamente la capella degli dei (cayemistère), dove si trova l’altare in muratura () sul quale vengono deposti i piatti sacrificali - la stanza dove si realizza la parte segreta del rituale di iniziazione (djévo) - il peristilio o terrazza aperta, dove si celebrano le cerimonie pubbliche, con un palo centrale (poteau-mitan) attorno al quale si gira la ronda degli hounsi e ai cui piedi i sacerdoti disegnano sul suolo, con farina finissima, i simboli dei loa, detti vévé e il cui compito è come per la musica, di chiamare gli dei perchè discendano sui loro cavalli - infine il giardino con bacino d’acqua per il culto dei loa acquatici, la croce nera dei Guédé con su una bombetta e indosso una redingotte, e gli alberi - sede dei loa, da cui pendono stracci e sacche adibite a ricevere le offerte dei visitatori; ogni loa infatti è collegato ad un albero dato, per esempio Legba al ricino-benedetto,  Damballah Oueddo al cotone, ecc...

 

INIZIAZIONE

Si entra nella confraternita mediante iniziazione, che continua quella Africana, con dapprima un rito di separazione dalla vita anteriore, segnato dal Chiré aizan (azione di stracciare le foglie di palma, che simboleggiano, una volta sfilacciate, la separazione tra sacro e profano), la fustigazione dei candidati, il primo apprendimento dei saluti, passi di danza ecc..., infine la consacrazione delle novizie distese per terra attorno al poteau-mitan, su cui viene versata dell’acqua e si disegnano delle croci; quando queste lasciano il peristilio, tutti i presenti piangono; perchè sono “morte”. Entrano allora nel djevo, dove rimarranno per sette giorni distese su stuoie come cadaveri, sottoposte a tabù alimentari e sessuali. Le cerimonie che vi si svolgono sono segrete; sappiamo tuttavia che vi si celebra il pot-tête, il laver-tête, e la verifica del Mait’tête.

Si nominano tutti i loa a cominciare da Legba finchè al nome del Mait’tête la novizia cade in transe; infine alla vigilia dell’uscita, il sacrificio di un pollo sulla testa della futura Hounsi. Vengono infine i riti dell’uscita e della resurrezione, il brulé-zin (così detto perchè la parte essenziale della cerimonia consisterà nel far bruciare degli oggetti dentro delle giare, chiamate zin, e enl purificare col fuoco la nuova iniziata) - il battesimo (imposizione di un nuovo nome) da parte del “padre savana”; da questo momento sono Hounsi-Kanzo.

Per quarantuno giorni resteranno tuttavia in stato di semi-reclusione, poiché sono in uno stato di debolezza tale da renderle più fragili agli attacchi degli stregoni, usciranno solo un momento il diciottesimo giorno per andare a mendicare al mercato finalmente il quarantunesimo giorno, ripeteranno per l’ultima volta le lezioni imparate (saluti, danze, cantici), riceveranno la collana del loro Vudun e abbandoneranno le vecchie vesti per indossarne delle nuove. Si può vedere che, al contrario di quanto è successo per la mitologia, i riti africani, sostenuti dalla memoria motrice, si sono perfettamente conservati.

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