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martedì 11 febbraio 2014

Ricordando Cuore e le "Brigate molli"

Fonte Repubblica

La lezione di 'Cuore'
L' INTERVENTO severo e intelligente di Curzio Maltese (Repubblica di ieri) sul cortocircuito linguistico di piazza Navona (cortocircuito tra linguaggio della satira e linguaggio della politica) mi ha fatto tornare in mente l' esperienza felice e tormentata di Cuore, il giornale satirico che fondai e diressi nella prima metà dei Novanta. SEGUE A PAGINA 6 Senza la pretesa di impartire lezioni ad alcuno, credo possa essere utile farne cenno. In nuce, il panorama sociale e soprattutto politico preannunciava molto di quanto poi accadde. La sinistra dei partiti già deperiva e imboccava la sua interminabile e interminata mutazione, e si cominciava a parlare diffusamente della sua "crisi di rappresentanza". La satira in genere, e Cuore soprattutto, ottennero in breve un largo credito di pubblico. Che - specie con il senno di poi - voglio definire "successo", e non già "consenso", proprio perché di un giornale, e non di un movimento politico, stiamo parlando. Eppure anche allora, esattamente come oggi, ci trovammo a fare i conti con l' ambigua, seducente tentazione di sorvolare sugli ambiti, e caricarci in spalla, un po' per celia un po' per non morire, una fetta (indebita) di rappresentanza politica. Lo svuotamento della politica (già forte in quegli anni, fortissimo adesso) già apriva di suo ampi varchi: e dove si creano vuoti, si è indotti quasi "fisicamente" a occuparli. Il vuoto attrae e trascina. Del ruolo di supplenza della satira, in termini di opposizione "vera", di vivificante critica al potere e al way of life corrente, già si discuteva allora, con ovvio ma pericoloso compiacimento da parte di noi satirici. Per il resto, a ingigantire la tentazione, provvedeva quel gradevole e subdolo ingrediente che è l' applauso del pubblico. Alle feste estive di Cuore arrivavano da tutta Italia decine di migliaia di persone, soprattutto ragazzi. Il clima era febbrile, allegro, tipico delle comunità che si riconoscono e si galvanizzano. Vennero leader politici, intellettuali, artisti, preti, segretari di partito e capi di movimenti, venne quasi al completo il piccolo esercito della sinistra di lotta e di governo. Il piccolo giornale si ritrovò a essere il catalizzatore di parecchi dei più vivaci umori dell' epoca, e il suo direttore, poco più che trentenne, si ritrovò a essere un leader, tanto da meritare dal vecchio e combattivo dirigente comunista Maurizio Ferrara (papà di Giuliano) il titolo di "capo del partito trasversale delle teste di cazzo". Del quale mi fregio ancora oggi, nei momenti di incertezza, con qualche nostalgia. Fortunatamente, non ero abbastanza "testa di cazzo" da non farmi la sola domanda seria che dovevo farmi: va bene, sono un leader. Ma di che cosa? La domanda, fortunatamente, non me la posi in solitudine. La mia redazione, con il complemento formidabile di vecchi briganti della satira italiana, artisti a tutto tondo e non già militanti politici, superò ogni tentennamento tenendo conto di un semplice, inoppugnabile ostacolo: se volevamo difendere il nostro linguaggio, e continuare a parlarlo, dovevamo continuare a fare un giornale e solo quello. Ogni altro possibile sbocco, ogni cedimento alla raffica di sollecitazioni (ma perché non fate un partito? perché non vi presentate alle elezioni?) ci sembrò esiziale, per il ragionevole motivo che il linguaggio della politica era troppo differente, per fini e per mezzi, dal nostro. Non voglio dire migliore o peggiore: diverso, profondamente diverso. Tanto è vero che le pochissime mobilitazioni "politiche" di Cuore discendevano direttamente dalla loro matrice satirica. Fondammo le "Brigate Molli" e istituimmo la pratica dell' "aggiunta proletaria", parodia situazionista dell' esproprio proletario: i nostri lettori, a centinaia, restituivano negli scaffali dei supermercati le merci in eccesso, gli acquisti inutili e fotografavano l' azione. Altri adorabili pazzoidi organizzati andarono alle edicole delle loro città offrendosi come omaggio agli acquirenti di Cuore, paradossale gag sugli inserti speciali e sulla dittatura del marketing, l' inserto umano che cercava di convincere l' esilarato compratore a portarlo a casa insieme al settimanale~ Di più e di diverso, niente. Forse perché la nostra presunzione artistica generò, quasi senza volerlo, gli anticorpi dell' umiltà politica. Forse perché all' epoca eravamo ancora convinti, o speranzosi, o illusi, che la politica, oggetto infinitamente più grande di un giornale, potesse e soprattutto dovesse ripartire da sé sola, sbrogliarsela, senza bisogno di mosche cocchiere così orgogliosamente disorganiche, e per fortuna costrette all' autonomia dal loro stesso linguaggio "specializzato", così acuminato e insieme così delicato. Così importante e così marginale. Ora, e venendo all' oggi: né la logica né il diritto impediscono a un artista di darsi alla politica. Esattamente come un ingegnere, un idraulico, un operaio, un impiegato e perfino un onorevole, anche un comico o un satirico hanno il sacrosanto diritto, in quanto cittadini, di occuparsi della cosa pubblica: meritano soltanto il ringraziamento di chi non ha avuto altrettanto spirito di servizio, e gusto del rischio. Ma non possono farlo sperando di portarsi dietro l' armamentario acquisito fino a lì, in tutt' altro ambito. Non possono pretendere che la politica, che ha una sua grammatica e una sua sintassi, accetti una colonizzazione culturale così impetuosa e immediata, saltando tre o quattro passaggi logici in un battere di mani. Non possono confondere il loro successo (meritato) con il consenso politico, che è una stratificazione faticosa almeno quanto il successo artistico: ci sono leader politici, la dico come al bar, che si sono fatti un mazzo così per diventarlo. Piaccia o non piaccia, quella strada è lunga, piena di spine, di lusinghe e di tradimenti. Avessimo fatto "il partito di Cuore" ci saremmo meritati parecchi titoli di giornale e una cospicua manciata di voti: tal quale quella degli infiniti partitini succedutisi nell' infinito (e perdente) albo della sinistra italiana, che ha prodotto più partiti e movimenti che risultati plausibili. Si capisce che oggi la confusione degli ambiti, il cock-tail di competenze e perfino di identità, diciamo il precariato oppure diciamo la virtualità delle mansioni e delle funzioni (Carfagna ministro non è uno scandalo sessuale, è un obbrobrio politico), insomma la distruzione degli ambiti e dei loro linguaggi specifici, è uno degli ingredienti più vistosi, e più deteriori, della società dello spettacolo. Questo rende la tentazione della politica ancora più irresistibile, perché a differenza delle mele e delle pere che le nostre maestre elementari ci spiegavano di non poter sommare, gli applausi si sommano facilmente anche quando sono mele e pere. Voterei volentieri per Guzzanti e per Grillo, o per chiunque altro avesse il coraggio e la faccia di mettersi in palio con tanta energia, se solo avvertissi che gli ambiti non sono confusi (la confusione è il conformismo della nostra epoca), che il linguaggio è congruo, sta insieme, rende l' idea. Perché uno dei possibili antidoti al casino nel quale viviamo immersi è appunto questo: provare disperatamente a ristabilire ambiti e competenze. Chi è bravissimo nel suo rischia di diventare incongruo e dannoso quando pensa di inventarsi una specie di generalismo mediatico nel quale la battuta rimpiazza goffamente il progetto politico, e il progetto politico insegue affannosamente la battuta. La satira e la comicità sono cose troppo serie per dilapidarle in politica.

venerdì 7 febbraio 2014

Ajna Chacra

Fonte: www.alkaemia.it

VI° CHAKRA AJNA, "OVE SI REALIZZA IL COMANDO"

È localizzato tra le sopracciglia, in mezzo alla fronte, nella posizione del terzo occhio.
Ajna, il chakra «dove si realizza il comando», appare come un loto di colore lunare, bianco splendente, con due petali con inscritte pure in bianco le lettere ha e ksha. Per taluni maestri il chakra si visualizza anche di colore viola.
Seguendo sempre la struttura proposta dal Samkhya, che vede associati i cinque elementi fondamentali dell’universo, terra, acqua, fuoco, aria ed etere/spazio, con i primi cinque chakra, in questo si ritrova la dimensione mentale sottile, il senso dell’ego e l’intelletto.
Come yantra troviamo il triangolo che chiaramente simboleggia la Shakti nella sua forma di yoni, «matrice» cosmica con inserito il lingam Itara, cioè Shiva nella sua forma fallica, fulgido come una serie di lampi, bianco cristallino e con tre occhi.
Vi è inscritto «aum», la mistica sillaba origine di tutti i mantra, coronata dalla nasalizzazione che appare come la fiamma di una lampada, che simboleggia l’anima intesa come puro intelletto, la buddhi del Samkhya, e illumina con il suo splendore citrini, la parte più interna della sushumna che qui sfocia.
La Shakti qui si proietta come Hakini, su un loto non più rosso ma bianco, evidente simbolo di pacificazione e purificazione bianca, con sei volti e tre occhi in ognuno di essi e sei braccia che recano in mano un rosario, un teschio, un tamburello e un libro e sono atteggiate nel gesto che dissipa la paura e in quello che elargisce doni.
E' associata al midollo, sesto tessuto costitutivo del corpo umano secondo l’Ayurveda. Il settimo, lo sperma, viene collegato, ma non da tutti i maestri però, al chakra seguente.
L’attivazione di questo chakra coincide con l’apparizione di una luce abbacinante, una corrente luminosa che unisce muladhara a sahasrara, l’ultimo chakra che sovrasta ajna, e in questo bagliore si manifesta Paramasiva, il Supremo Signore nella sua piena potenza, sotto forma di hamsa nella candida e circolare regione della luna.
Ajna, uno che diviene due

È l’ultimo chakra collocato all’interno del corpo fisico.
E' situato tra le sopracciglia, esattamente in mezzo alla fronte; il suo simbolo comprende un fiore a due petali: sul fiore di destra è rappresentato il sole, su quello di sinistra la luna oppure, più comunemente, due lettere sanscrite.
Nel fiore è inscritto un triangolo a punta in giù, che si congiunge con un lingam.
L’elemento è l’etere.
Il 2 è il numero della prima polarizzazione. Qui i due termini iniziali, virtuali, sono rappresentati coesistenti, sole e luna, e nell’atto di riunirsi: il lingam che letteralmente penetra il vertice del triangolo, la yoni, come per generare.
Ciò che è generato dal 2 è in primo luogo il 3, principio a sua volta ancora immanifesto, ma base e creatore di tutte le cose.
Conferma a questo proposito il Tao-te-ching: «Uno ha prodotto 2, 2 ha prodotto 3, 3 ha prodotto tutti i numeri», pertanto il 2 è il simbolo di tutte le dualità per cui esistiamo, così cielo e terra sono la polarizzazione dell’unità primordiale, il processo della manifestazione cosmica che implica la separazione in due metà dell’uovo del mondo.
«Io sono una che diviene due» ribadisce un’antica iscrizione egiziana, e nessuna cosa in effetti è concepibile senza che immediatamente si concepisca anche il suo contrario: due è maschile e femminile, luce e buio, manifesto e non manifesto, mortale e immortale, io e sé, bianco e nero, buono e cattivo. Yin e yang sono il perfetto simbolismo, anche grafico, di questa dualità implicita nell’esistenza.
E' impossibile eliminare la dualità del pensiero perché, proprio a causa di questa dualità, esso esiste.
Il 2 esprime, perciò, l’archetipo di tutte le complementarità esistenti. E' il simbolo, quindi, di tutte le dualità, ovvero di tutto ciò che è presente o può essere presente nel cosmo-microcosmo.
In questo senso qui risiede, dunque, il potere che sovrintende e dirige la possibilità di ogni manifestazione o non manifestazione del corpo e della mente, della materia e dello spirito. E' il centro che dà il via, l’assoluta potenzialità, come dice il suo nome stesso, ajna, «centro del comando». Inoltre ajna, contenendo il germe di tutte le dualità, è anche implicitamente la possibilità di conoscerle a priori, avendole in sé come acquisizione diretta, prima ancora che si manifestino; cioè, per esteso, la possibilità di preveggenza, come d’altronde sembra confermare un altro nome che gli viene attribuito: «terzo occhio».
Il triangolo a punta in giù qui è senz’altro simbolo del femminile o volontà diretta verso la manifestazione, penetrato dal lingam maschile, o volontà diretta verso il non manifesto. Le due immagini costituiscono, a loro volta, uno dei simboli più presenti nell’immaginario umano della dualità che, fecondandosi, origina il tre e quindi «i mille esseri». L’india è veramente piena di tali immagini, yoni e lingam uniti, come a rammentare continuamente che tutto ciò che appare non è che un'infinita ripetizione e concretizzazione di questa prima virtuale polarità.
Questo chakra, letto attraverso alcuni dei suoi simboli, rappresenterebbe quindi la possibilità di sovrintendere a ciò che sta sotto come a ciò che sta sopra ovvero di autodeterminarsi; la possibilità di terminare il processo di individuazione, svincolandosi dal mondo esterno, cioè dall’apparenza delle separazioni, come conseguenza dell’acquisita capacità di superamento delle dualità (il due converge in uno) e dei cicli di morte—rinascita. La coscienza di questo chakra apre e fa cadere il «velo di maya», l’illusione delle apparenze del mondo.
Rappresenterebbe anche il potere di vedere-sapere ciò che non è ancora accaduto, ma sta per accadere.
Nel settore individuato da questo chakra si trovano il diencefalo e due ghiandole di importanza fondamentale per il controllo e la regolazione il tutto l’organismo: l’ipofisi e l’epifisi.
L’ipofisi pende circa al centro della parte inferiore dell’enfalo, al di sotto del terzo ventricolo, ed è accolta in una nicchia dell’osso sfenoide chiamata, a causa della sua forma, sella turcica.
E' composta da due parti fondamentali, di derivazione ectodermica: la neuro—ipofisi, derivata dal pavimento del diencefalo (contiene un recesso del terzo ventricolo), e l’adeno-ipolisi, derivata dalla volta dello stomodeo, cioè dalla cavità buccale primitiva.
In alcune specie animali rimane, a testimonianza di questa derivazione e della primitiva sede di eliminazione del secreto ipofisario, un dotto di comunicazione tra l’ipofisi e la cavità buccale (in alcuni pesci; in alcuni rettili e uccelli rimane solo un cordone chiuso).
Queste ancestrali vie di comunicazione tra compartimenti del corpo, che nell’uomo appaiono completamente separati, costringono a riflettere sulle parole degli yogin che affermano di poter riattivare percorsi e comunicazioni all’interno del corpo, normalmente chiusi.
Gli ormoni dell’adeno-ipofisi sono STH-ormone della crescita; TSH-ormone che stimola la tiroide; ACTH-ormone che stimola il corticosurrene; FSH-ormone che stimola la crescita del follicolo ovarico; LH-ormone che stimola il corpo luteo (nei maschi le cellule interstiziali); PRL-ormone che stimola la lattazzione. L’ormone della parte intermedia è l’MSH-ormone melanocito stimolante (regola la pigmentazione della pelle).
La neuro-ipofisi non sintetizza ormoni, ma accumula e libera i neuro-secreti accumulati dall’ipotalamo; i più importanti sono l’ossitocina, che stimola le contrazioni uterine e la fuoriuscita del latte dalla mammella, e la vasopressina, che stimola il riassorbimento dell’acqua nel rene.
Come si vede, l’ipofisi controlla tutto l’organismo, perché controlla le ghiandole endocrine. Ciò che avviene nel sistema diencefalo-ipofisario prefigura, quindi, le modificazioni corporee o psichiche che si manifesteranno nell’individuo. Una disfunzione di questo sistema comporterà, pertanto, uno squilibrio in tutte le funzioni psico-fisiche dell’individuo.
Osservando il ruolo dell’ipofisi nell’organismo possiamo dire, servendoci di un linguaggio figurato ma attinente alla realtà, che questa ghiandola (o meglio, il sistema diencefalo-ipofisario) rappresenta «l’ordine costituito», la «regalità» che governa, la capacità di prefigurare, proiettarsi, integrare, controllare tutte le funzioni del corpo, ovvero, per lo yoga, ciò che esiste nel «microcosmo».
Se nella tradizione orientale dello yoga ajna è «il centro del comando», nella tradizione alchemica occidentale ritroviamo l’ipofìsi simboleggiata da Giove, il re degli Dei, colui che dispone e e controlla l’operato di tutti al di sotto di lui.
D’altra parte la mitologia greca ci ricorda che Giove è a sua volta figlio di Saturno, il primo dio nato, l’Antico dei giorni, la forza costringente, il determinismo, colui che costringe gli spazi liberi e luminosi nella scura materia. Nella tradizione alchemica, questo dio primigenio è posto a simbolo di un’altra ghiandola che si trova nella sfera di influenza dell’ajna chakra e a cui forse meglio ancora si adatta l’attributo di «terzo occhio», l’epifisi, piccola ghiandola a forma di pigna di meno di 1 cm. di lunghezza e 150 gr. di peso, situata a livello della parete posteriore del terzo ventricolo, a cui è collegata tramite un peduncolo, come l’ipofisi.
L’organo pineale sembra, quindi, che rappresentasse un occhio dorsale filogeneticamente molto antico. Risalendo la scala evolutiva, al di sopra degli anfibi la pineale diviene essenzialmente ghiandolare, sebbene rimangano cellule sensitive ancora poco conosciute, e l’ormone principale da essa prodotto è la melatonina che viene secreta ritmicamente seguendo i cicli luce-buio dell’ambiente esterno, anche se la ghiandola non è più in contatto diretto con la fonte esterna di luce (ad esempio, nell’uomo).
E' come se la sua funzione visiva, prima diretta, fosse stata in grado di interiorizzarsi.
La pineale riceve, infatti, un’innervazione afferente dal ganglio cervicale superiore del simpatico, a sua volta collegato all’occhio.
La percezione del buio provoca sintesi di melatonina che, inducendo l’aggregazione dei granuli di melanina nella cute, schiarisce la pelle.
La luce, invece, diminuisce gli impulsi nervosi del simpatico e blocca la sintesi di ormone: bastano pochi minuti di esposizione a una luce brillante perché si determini una caduta dei livelli circolanti di melatonina.
L’integrità di questa via è indispensabile per l’attività della ghiandola. Seguendo i ritmi luce-buio, l’epifisi infatti si sincronizza e sincronizza tutto l’organismo sui ritmi del giorno e della notte, delle stagioni ecc., cioè sui ritmi del macrocosmo che la circonda.
L'epifisi sarebbe perciò un «sincronizzatore» interno-esterno, una guida della struttura temporale dell’organismo: indipendentemente dalla visione, l’organismo sa se è giorno o notte o in quale periodo dell’anno siamo.
L’epifisi, contemporaneamente, detta il ritmo delle «stagioni» interne: diminuisce la melatonina nella pubertà, durante l’ovulazione, in menopausa, nella vecchiaia. Tutto ciò attraverso una trasformazione dell’impulso luminoso che, materializzandosi, diviene impulso ormonale.
Luce, impulso nervoso, epifisi, ormone: la funzione coagulante di Saturno degli alchimisti.....il terzo occhio dell’Oriente.
Allo stato attuale della ricerca, i bioritmi epifisari sembrano controllare il tono dell’umore, l’equilibrio ormonale, l’equilibrio immunitario e sembrano avere azione antistress. In sintesi, le funzioni organiche corrispondenti a questo chakra sono il controllo sull’equilibrio dell’intero psico—soma, il controllo della capacità di autoriconoscimento o mantenimento dell’integrità della propria individualità, l’interiorizzazione di capacità visive prima dirette all’esterno, con maggiore possibilità di autoregolazione e autosincronizzazione.
Come sempre, troviamo una corrispondenza tra il simbolismo del chakra e le funzioni degli organi compresi nella sua ruota.
Se le funzioni sono queste, ancor più si comprende come l’apertura di questo chakra permetta di avere la coscienza e il controllo sull’intero microcosmo umano, di sollevare il velo di maya, le illusioni, liberando l’individuo dallo «spettro del drago uroborico», cioè l’incoscienza totale, che sempre tenta di riassorbirlo in sé.

sabato 1 febbraio 2014

consapevolezze: La Leggenda di San Valentino



consapevolezze: La Leggenda di San Valentino: San Valentino  è considerato da sempre il santo dell’amore, il  14 Febbraio  le coppie si scambiano regali promettendosi  l’amore , sigilla...